Antonio Maria Zaccaria nacque a Cremona nel 1502. La sua famiglia, di antica nobiltà, era forse di origine genovese. Rimase ben presto orfano di padre. La madre, Antonietta Pescaroli, ancora giovanissima, si dedicò completamente all’educazione del figlio.
Poco sappiamo della fanciullezza di Antonio Maria. I biografi però ci hanno tramandato un episodio assai significativo: un giorno, tornando a casa, donò il suo mantello a un povero. Si discute se abbia seguito gli studi di umanità a Cremona o a Pavia; mentre è certo che nel 1520 (l’anno della bolla Exsurge Domine con cui veniva condannato Lutero) si trasferì a Padova, per studiarvi filosofia e medicina. Prima di partire, fece testamento e, pochi giorni dopo, con “donazione irrevocabile e inter vivos”, rinunciò a tutti i suoi beni in favore della madre.
Laureatosi e tornato in patria nel 1524, non esercitò la professione, ma, su consiglio di un misterioso padre domenicano, fra Marcello, “si diede a vita spirituale”. Ancora laico, iniziò a radunare nei giorni festivi, nella chiesa di San Vitale, dapprima i fanciulli, ai quali teneva semplici lezioni di catechismo, poi anche gli adulti, che intratteneva nella lettura e nella meditazione della sacra Scrittura. Successivamente, sempre su indicazione del suo direttore spirituale, si orientò verso il sacerdozio. Sotto la guida dei Domenicani, si dedicò agli studi ecclesiastici, condotti sulla Bibbia, i santi padri e i dottori della Chiesa (in particolare san Tommaso). Il 20 febbraio 1529 ricevette l’ordinazione sacerdotale. La tradizione riferisce che alla sua prima messa, celebrata con pochi intimi nella chiesa di San Vitale, apparve intorno all’altare una corona di angeli.
Divenuto sacerdote, continuò e riqualificò la sua attività di formazione spirituale in San Vitale. Il gruppo dei suoi ascoltatori subì un’evoluzione: si selezionò e si strutturò in uno dei tanti oratori di riforma allora diffusi (probabilmente gli fu dato il nome di Amicizia). A tale cenacolo lo Zaccaria rivolse i suoi Sermoni. Fra i discepoli spirituali di Antonio Maria va ricordata una sua lontana parente, Valeria degli Alieri, la quale, in seguito alla partecipazione agli incontri di San Vitale, si dedicò a più intensa vita cristiana. Dietro suggerimento del suo santo parente, scelto come direttore spirituale, radunò nella sua casa un gruppo di ragazze, che furono oggetto di particolari cure da parte dello Zaccaria e che poi, dopo la morte di lui, chiesero di costituirsi in monastero di Angeliche.
Oltre alla formazione e alla direzione spirituale, Antonio Maria si dedicò, nella sua città natale, a un’intensa azione caritativa verso i poveri e gli ammalati, specialmente in occasione della peste del 1528. Tale opera gli guadagnò, da parte dei suoi concittadini, il titolo di “padre della patria”.
Probabilmente fin dagli anni dei suoi studi patavini lo Zaccaria aveva affidato la direzione della propria coscienza a un padre domenicano, discepolo di Sebastiano Maggi e confratello del Savonarola nel convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, fra Battista Carioni da Crema (1460-1534). Questi aveva già convinto il vicentino Gaetano Thiene a trasferirsi a Roma per impiantarvi la riforma. In quell’epoca il Domenicano era confessore della contessa Ludovica Torelli (1500-1569) di Guastalla: fu probabilmente dietro suggerimento di lui che questa scelse lo Zaccaria come proprio cappellano. Questi, per obbedienza al proprio direttore spirituale, lasciò Cremona e si trasferì a Guastalla, nel castello della nobildonna.
Nel 1530 (l’anno della Confessio Augustana) la Torelli e il suo cappellano, accompagnati da fra Battista, partirono per Milano, dove entrarono in contatto con l’Oratorio dell’Eterna Sapienza. Qui lo Zaccaria conobbe i due nobili milanesi Giacomo Antonio Morigia (1497-1546) e Bartolomeo Ferrari (1499-1544), insieme con i quali, sul finire del 1532, maturò il progetto di trasformare quel sodalizio, ormai in crisi, in una nuova realtà, la Compagnia dei Figlioli e delle Figliole di Paolo Santo (o “Congregazione di san Paolo”), una formazione religiosa originale, che avrebbe dovuto comprendere al suo interno “tre collegi”, uno di sacerdoti, uno di religiose e l’altro di laici. Il collegio maschile venne ufficialmente approvato, ancor prima che i suoi membri cominciassero a vivere in comune e si dessero delle regole, il 18 febbraio 1533, con il breve pontificio Vota per quae di Clemente VII. In una successiva approvazione (la bolla Dudum felicis recordationis di Paolo III del 25 luglio 1535) i nuovi religiosi ricevettero la qualifica di chierici regolari e, dopo il 1545, quando presero dimora definitiva presso la chiesa di San Barnaba, incominciarono a essere popolarmente detti Barnabiti.
Giunta a Milano, la contessa Torelli aveva iniziato a raccogliere nella propria casa alcune giovani desiderose di perfezione. Antonio Maria, divenuto loro confessore e padre spirituale, fece sì che formassero il collegio femminile della sua Congregazione. Paolo III, il 15 gennaio 1535, con la bolla Debitum pastoralis, le autorizzò a costituirsi in monastero e le pose sotto la regola di sant’Agostino. Le religiose, che si affidarono alle Domenicane (di cui adottarono l’abito) per avviarsi alla vita monastica, si diedero il nome di Angeliche. Nell’ottobre del 1535 si trasferirono nel nuovo monastero di San Paolo presso Sant’Eufemia. Alle origini le Angeliche non erano soggette all’obbligo della clausura, perché dovevano partecipare all’apostolato dei confratelli.
Lo Zaccaria si fece promotore anche del “terzo collegio”, un gruppo laicale che condivideva la stessa spiritualità delle due famiglie religiose: furono detti Coniugati o Maritati di san Paolo.
I tre collegi della nuova famiglia spirituale incominciarono subito a far parlare di sé nella città di Milano per le loro pratiche, le loro penitenze, il loro modo di vestire, la loro predicazione talvolta provocatoria. Fra le iniziative, che si sarebbero poi radicate nell’ambiente milanese, va ricordato l’uso di suonare le campane alle tre pomeridiane del venerdì, in ricordo della morte di Gesù, e la diffusione dell’esposizione solenne dell’Eucaristia a turno nelle diverse chiese della città (le cosiddette Quarantore).
Non tutti però, a Milano, gradivano lo zelo del nuovo movimento. I suoi aderenti furono pubblicamente minacciati; venivano accusati di pelagianesimo, erano considerati seguaci di fra Battista da Crema (morto il 1° gennaio 1534) e sospettati di professare le eresie delle Beghine e dei Poveri di Lione. Le autorità civili ed ecclesiastiche di Milano (Senato, Curia arcivescovile e Inquisizione) avviarono delle inchieste e istruirono due processi. Il primo, svoltosi il 5 ottobre 1534, si concluse favorevolmente, senza alcuna sentenza. Il secondo iniziò nel giugno 1536 e si concluse il 21 agosto 1537 con una sentenza di piena assoluzione.
Ma la prova, nonché scoraggiare, irrobustiva i “paolini”. Il 4 ottobre 1534, alla vigilia del primo processo, lo Zaccaria radunò i suoi figli e rivolse loro un’esortazione a non lasciarsi vincere dalle avversità, ma ad accoglierle come una grazia celeste. Fu allora che “dettero principio al corso santo” e “si principiò a vivere insieme poveramente”. Così pure nel 1537, ancor prima che terminasse il secondo processo, lo Zaccaria accettò l’invito del vescovo di Vicenza, card. Nicolò Ridolfi, e mandò in missione un gruppo di barnabiti, angeliche e coniugati, che si dedicarono alla riforma dei monasteri di quella città.
Nel 1539 tornò a Guastalla per riportare la pace in quella contea, colpita dall’interdetto pontificio a causa delle contese fra due nipoti della Torelli, e per proseguire le pratiche per la vendita di quel feudo ai Gonzaga. Era già ammalato: gli strapazzi e il clima della Bassa padana aggravarono le sue condizioni di salute. In giugno sentì venir meno le forze e chiese di tornare a Cremona, nella casa natale. Circondato dalla mamma e dai suoi più fedeli discepoli, gli apparve l’apostolo Paolo, fece le sue ultime raccomandazioni ai presenti, ricevette i sacramenti e spirò nel primo pomeriggio del 5 luglio 1539, nell’ottava — secondo la sua predizione — degli apostoli Pietro e Paolo.
Il suo corpo, dopo il funerale celebrato a Cremona, venne trasportato a Milano e seppellito nel monastero di San Paolo delle Angeliche, circondato da fama di santità. Antonio Maria Zaccaria fu subito venerato come beato, fino al 1634, quando in seguito a un decreto di Urbano VIII perse quel titolo. Il 3 gennaio 1890 venne reintegrato il suo culto. L’8 maggio 1891 furono rinvenute le sue reliquie, che successivamente furono traslate nella chiesa di San Barnaba. Il 27 maggio 1897 Leone XIII lo canonizzava insieme con Pietro Fourier.